Le memorie di una famiglia brasiliana, registrate da uno dei suoi membri in un libro, adattato per il cinema, hanno recentemente scatenato in Brasile un catartico processo di recupero ed elaborazione della memoria collettiva nazionale, con al centro le violenze commesse contro questa famiglia e l’intera società brasiliana durante il cupo periodo della dittatura militare (1964-1985).
La storia raccontata dallo scrittore Marcelo Rubens Paiva in Sono ancora qui (la Nuova Frontiera, traduzione di Marta Silvetti) è quella della sua famiglia, che il 20 gennaio 1971 vide suo padre, il deputato laburista Rubens Paiva, privato del mandato dopo il colpo di Stato militare del 31 marzo 1964, essere prelevato dalla sua casa da agenti del regime per un interrogatorio, senza mai più fare ritorno.
Eunice Paiva, moglie di Rubens e madre di cinque figli, oltre al compito di mantenere unita e sostenere la sua famiglia, dedicò tutti i suoi giorni alla ricerca di risposte sulla scomparsa del marito e, in seguito, alla lotta per la responsabilizzazione dello Stato brasiliano per l’assassinio e l’occultamento del corpo di Rubens Paiva.
Marcelo Rubens Paiva, che aveva 11 anni quando suo padre fu portato via dagli agenti del regime, è oggi uno scrittore premiato in Brasile. Per scrivere Sono ancora qui, ha condotto un’immersione nei documenti materiali della sua famiglia, tra fotografie, video, documenti e corrispondenze, oltre a un delicato processo di ascolto delle memorie dei suoi fratelli e amici e a una ricerca storica. Tutto questo per raccontare come la dittatura abbia colpito al cuore quella famiglia, privandola della luce del sole e gettandola nell’oscurità della brutalità e dell’arbitrarietà.
Lo scrittore ha raccontato in un’intervista, dopo l’uscita del libro, che questo lavoro gli ha permesso di comprendere più a fondo quell’evento e, in particolare, la grandezza e la dignità con cui sua madre ha vissuto e lottato contro i responsabili dell’assassinio di suo marito e di molti altri desaparecidos durante la dittatura militare.
Nel corso della sua lotta, Eunice decise di riprendere gli studi, si laureò in Giurisprudenza e iniziò a lavorare professionalmente per i diritti umani.
Nel 1996, venticinque anni dopo la scomparsa di Rubens Paiva, lo Stato brasiliano emise il certificato di morte e riconobbe la propria responsabilità per la sua scomparsa e uccisione.
Eunice Paiva è morta il 13 dicembre 2018, affetta da Alzheimer, lasciando un’eredità di coraggio, dignità e lotta per la libertà, la giustizia e i diritti.
Domenica 2 marzo, il film Io sono ancora qui, che ha già portato nei cinema brasiliani oltre 5 milioni di persone e ha commosso tante altre in diversi Paesi, ha ricevuto l’Oscar dall’Academy of Motion Picture Arts and Sciences di Hollywood, consacrando il magnifico lavoro del regista Walter Salles e degli attori Fernanda Torres e Selton Melo, che hanno interpretato rispettivamente Eunice e Rubens Paiva.
Oltre agli effetti positivi per l’intera industria cinematografica brasiliana, con oltre 40 premi, tra cui il Golden Globe per la Miglior Attrice a Fernanda Torres, il film Io sono ancora qui sta svolgendo la fondamentale missione di mantenere viva la memoria degli orrori della dittatura, soprattutto per i più giovani, che non hanno vissuto quel periodo, impedendo così la cancellazione della storia e il ritorno di ideologie autoritarie che hanno portato solo paura, dolore e morte.
L’arte, nelle sue varie espressioni, è la vittoria dell’amore e della libertà. Oggi, per le strade del Brasile, risuonano le grida di “ditadura nunca mais” (mai più dittatura), dimostrando che il dolore della famiglia Paiva e l’esempio di vita di Eunice Paiva sono un’ispirazione per la lotta permanente in difesa della democrazia, specialmente quando l’orizzonte si fa più scuro e servono resistenza e coraggio.
Arnaldo Francisco Cardoso