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Venti di speranza soffiano sull’America Latina

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Dopo un’ondata di governi allineati alla destra e promotori della dottrina neoliberista che ha contribuito ad aumentare le disuguaglianze negli ultimi anni in America Latina, la regione ha iniziato una nuova fase attraverso governi dichiarati critici verso il neoliberismo e impegnati a porre rimedio alla violenza storica contro porzioni significative della società e disposti ad attuare politiche di promozione della giustizia sociale.

Le vittorie elettorali di Alberto Fernández in Argentina, Luis Arce in Bolivia, López Obrador in Messico, Pedro Castillo in Perù, Xiomara Castro in Honduras e, più recentemente, l’emblematica vittoria di Gabriel Boric sulla destra in Cile (in Brasile c’è forte speranza che alle elezioni del prossimo ottobre finisca finalmente il tragico governo di Jair Bolsonaro) hanno ridato speranza all’America Latina. Boric rappresenta la possibilità di riprendere un percorso interrotto quasi 50 anni fa attraverso un singolare colpo di Stato che depose un presidente socialista, Salvador Allende, e inaugurò la sanguinosa e lunga dittatura (1973-1990) di Augusto Pinochet.

Ciò che sta accadendo oggi in Cile ha un significato storico molto importante e ci invita a fare un salto a ritroso.

Negli ultimi decenni, mentre la propaganda mostrava il Cile come un esempio riuscito del successo dell’esperimento neoliberista in America Latina, la società cilena aveva dato segnali in contrasto con questa propaganda che serviva a ingannare gli ingenui e garantire gli interessi dei perversi. Politici autoritari e asociali, uomini d’affari e intellettuali sedotti dal mantra neoliberista con franchigia americana, per decenni hanno utilizzato il “case” cileno per avallare le loro tesi precarie che hanno normalizzato un processo di esclusione dei “meno capaci”.

È vero che i governi progressisti si sono susseguiti al Palacio La Moneda (residenza ufficiale del Presidente della Repubblica del Cile), ma non sono riusciti a realizzare i cambiamenti necessari.

chileDisuguaglianza sociale, precarietà occupazionale, scarsità di servizi pubblici, aumento dei suicidi tra gli anziani, mancanza di prospettive per i giovani, stavano producendo un brodo nauseante che ha raggiunto il suo massimo punto di ebollizione e che è traboccato nell’ottobre 2019 dopo l’annuncio dell’aumento del 3,75% sulle tariffe dei trasporti pubblici nella capitale, Santiago, provocando proteste studentesche duramente represse dalle forze di polizia.

Ciò che ne è scaturito è stata la resistenza degli studenti e l’adesione di altri segmenti della società alle proteste. Il governo neoliberista-ultraconservatore di Sebastián Piñera, dichiarando lo Stato di Emergenza e altre misure per limitare la circolazione dei cittadini, ha visto esaurirsi le proprie risorse e ha dovuto fare capolino, revocando l’aumento della tariffa del trasporto pubblico e scusandosi con il popolo cileno per i tanti errori e l’insensibilità del suo governo. Piñera ha sperimentato, così, il sapore amaro del crollo della sua popolarità e legittimità.

Un anno dopo le manifestazioni, il massiccio sostegno popolare al referendum che ha deciso di formare un’Assemblea Costituente per la stesura di una nuova costituzione per il Paese è stato un risultato straordinario del popolo cileno, seguito dall’elezione nel dicembre 2021 di Gabriel Boric alla presidenza del Paese, la cui cerimonia di insediamento avverrà domani 11 marzo 2022.

Ci sono molti libri e documenti che ritraggono l’orrore vissuto dal Cile durante gli anni della dittatura di Pinochet. Tra gli autori principali merita di essere segnalata la giornalista Patricia Verdugo (1947-2008), nata a Santiago, il cui padre, il sindacalista Sergio Verdugo, fu ucciso dal regime nel 1976. Nel 2003, in occasione del 30° anniversario del colpo di stato, Verdugo pubblica il libro Salvador Allende: Anatomia di un complotto organizzato dalla Cia, che contiene trascrizioni di documenti della Commissione Church, declassificati in parte durante l’Amministrazione di Bill Clinton, che svelano il backstage del colpo di stato attraverso registri come quello di varie riunioni, comprese quelle tenutesi alla Casa Bianca alla presenza di Nixon e di Kissinger, memorandum che vanno e vengono tra Washington e Santiago e trascrizioni di telefonate, nei mesi che precedettero l’elezione di Allende e sui tre anni della sua permanenza al potere.

Poiché la storia e la memoria sono risorse importanti per costruire il futuro, va sottolineato che oltre alla memoria, ai documenti e alle fonti bibliografiche, esiste anche una significativa produzione audiovisiva sulla storia del Cile. Soprattutto per gli italiani interessati a questa storia è fondamentale la visione del documentario “Santiago, Italia” del regista Nanni Moretti. Nel documentario, girato a settembre 2017 e uscito a dicembre 2018, lo spettatore guarda dall’inizio, attraverso filmati d’archivio, le celebrazioni nelle strade del Cile per la vittoria di Salvador Allende alle elezioni presidenziali del 1970.

In un contesto di governi autoritari di destra e di sinistra in tutto il mondo, le elezioni in Cile hanno rappresentato una possibilità per un governo socialista, “umanista e democratico”, come indicato da uno dei numerosi intervistati che partecipano al film. Di seguito comare il Palacio La Moneda bombardato e Allende rovesciato l’11 settembre 1973. Di fronte a persecuzioni politiche, detenzioni arbitrarie, torture e omicidi sotto la sanguinosa dittatura guidata da Augusto Pinochet e sostenuta dagli Stati Uniti, l’ambasciata italiana a Santiago è diventata un rifugio che, in poche settimane, ha accolto più di 700 persone, salvandole dal peggio.

L’Italia del 1973 che ha rifiutato il riconoscimento del governo di Pinochet, quando ha fatto della sua ambasciata uno spazio di solidarietà e rifugio per i perseguitati, e che ha poi accolto questi cittadini come richiedenti asilo, deve ispirare l’Italia di oggi e l’intera comunità delle nazioni a coltivare la solidarietà e la cooperazione tra le nazioni, nel rispetto della libertà e della dignità dei popoli. Il regista Nanni Moretti in un’intervista in occasione della presentazione del film ha dichiarato: “Ho deciso di raccontare questa storia oggi perché gran parte della società italiana si sta muovendo proprio nella direzione opposta all’accoglienza e alla solidarietà”.

Cinquant’anni dopo quel colpo di istato traumatico, il popolo cileno si riunisce con la sua storia e le nuove generazioni hanno ereditato una grande responsabilità. Per tutte le società è necessario liberare il presente dagli errori del passato. Ma per questo ci vuole coraggio e onestà. È tempo di gridare Viva il Cile! Una nuova fase della storia può essere iniziata.

Arnaldo F. Cardoso

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