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Hai portato con te il vento, Natalia García Freire

Sommario

Restituiamo all’acqua i figli bastardi che Dio le ha rubato.

Qui giace il popolo di Diomadre che scomparve una notte.

Nei secoli dei secoli.

Si narra che, quando Mildred Capa nacque, portò con sé un vento piacevolmente tiepido, accogliente, in grado di scacciare ogni male, ogni paura umana. Era il vento della pace e della calma, il vento che rende docili uomini e animali, che cura gli animi più perduti e corrotti. E quello di Mildred, cosparsa di piaghe sin dai suoi primi vagiti, si diceva fosse un corpo pieno di luce. Anzi: era il corpo dell’espiazione.

Cocuán è un villaggio ormai sommerso in un oblio melmoso, antico e ancestrale. Un paese costantemente sferzato dal gelido vento delle Ande, fatto “di polvere e cattiveria, come gli incubi”, totalmente invisibile su qualsiasi mappa geografica esistente. Ed è proprio a Cocuán che Mildred vive e alleva maiali, nei pressi di un fitto bosco. La sua esistenza sembra essere pacifica, finché la giovane ragazza si ritrova a dover gestire la perdita precoce e inaspettata della madre e, conseguentemente, la scomparsa improvvisa di suo padre, di cui non si avranno più notizie. Mildred viene, poi, privata della sua casa e dei suoi animali e rapita dal parroco del paese, il quale la segrega in un monastero per poi farne perdere completamente le tracce.

Successivamente, Cocuán verrà scossa da sparizioni, eventi bizzarri e inquietanti, canti, visioni mistiche, ululati, rituali folli, e da un senso collettivo di estraniazione dalla realtà, nonché da una generale perdita della capacità di scissione tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Dunque, il confine tra bene e male, tra sacro e profano, si fa sempre più labile. D’altronde “la carne è cattiva”, lo è sempre stata.

Natalia Garcia FreireAttraverso l’alternarsi delle voci di ben nove personaggi, Hai portato con te il vento (Edizioni SUR, traduzione di Lara Della Vecchia) dà voce alla disperazione e allo strazio di esistenze senza forma né scopo alcuno, rivelando le fragilità e le oscurità più abissali dell’animo umano. Come descritto dall’autrice, Natalia García Freire, Cocuán è un villaggio perseguitato dalla leggenda di Mildred Capa, dal peso della sua misteriosa morte, in cui passato e presente si intrecciano costantemente, fondendosi in un’unica sostanza primordiale. Come primordiali sono anche gli istinti che guidano le menti annichilite dei personaggi che vi abitano, i quali procedono per violenza, sopraffatti dai loro desideri carnali. A Cocuán, persino delle innocenti bambine sono costantemente vittime dei deliri e delle pulsioni degli uomini. E in questo villaggio niente è tutto, tutto è niente, perché, di fatto:

 

[…] non è successo niente. Diomadre è solamente scomparsa come scompaiono gli dèi in un posto qualunque del mondo.

Una scia di luce sprofonda finché non resta più nulla, soltanto il mormorio dei tonti e un canto animale che nessuno sulla terra ode.

 

Hai portato con te il vento costituisce un piccolo – seppur potente – capolavoro della letteratura latinoamericana contemporanea. Grazie al linguaggio talvolta onirico dell’autrice, il lettore riesce a catapultarsi in un’atmosfera sospesa tra sogno e realtà, tra incubo e consolazione, divenendo in piena regola un abitante di Cocuán.

E forse – un po’ lo speriamo tutti – per queste anime perdute ci sarà una vera rinascita, una purificazione interiore. Ma il giorno adatto non sembra ancora essere giunto, almeno non oggi.

Sara D’Antoni

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