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Con Sacrifici umani (gran vía edizioni, traduzione di Francesca Lazzarato) siamo di fronte a una scrittrice disposta a mostrare il nostro lato più oscuro, attraverso risorse che oscillano tra il cruento e il poetico; un movimento a pendolo che ci ricorda che la nostra capacità di meraviglia non ha ancora conosciuto i suoi limiti più infimi. Non c’è modo di capire questo libro senza sentire la violenza che si insinua nelle proprie viscere e questo la Ampuero lo sa bene e ce lo sbatte in faccia talmente tante volte che è impossibile ignorarlo. Non c’è altro modo per nominare la violenza se non attraverso le sue spine. Ecco perché queste storie, come i sacrifici, pungono e ci mettono a disagio: la loro collocazione è più vicina di quanto siamo disposti ad accettare.

La figura della donna e la riconfigurazione dell’ideale femminile sono sempre presenti in questi undici racconti; argomenti che sembrano ancora essere tabù all’interno della società, come stupri, femminicidi, sparizioni o abusi domestici, sono descritti nella loro versione più straziante e non ovattata, come in “Biografia”, la storia che apre questo volume:

“Ricordo che, come mi ha detto qualcuno, le stelle che vediamo sono morte da molto tempo e penso che magari le donne scomparse potrebbero risplendere così, con la medesima luce accecante, perché sia più facile trovarle”.

Questa reazione molto umana è ciò che l’autrice intende ritrarre in Sacrifici umani: un terrore che naviga tra il terreno del sublime e del poetico. In questo volume, il dolore da cui tanto abbiamo voluto fuggire diventa un artefatto che permea ogni cosa attraverso le sue ramificazioni. Un dolore viscoso che invade e in cui i personaggi sono intrappolati in un ciclo senza fine.

Maria Fernanda Ampuero cardLeggere María Fernanda Ampuero non è solo ricevere il dolore in tutti i suoi aspetti: è riconoscerlo come nostro, lasciarlo abitare in noi. Forse è per questo che le storie della raccolta emergono dall’intimità dei loro protagonisti: questa nuova forma di terrore che Sacrifici umani porta in scena è concepita in una minima dislocazione della vita quotidiana, che si apre davanti a noi per affrontare le nostre paure più profonde. La fine dell’innocenza, l’addio a un amore destinato al fallimento o l’incontro con alterità che sfuggono agli ideali della perfezione sono solo alcuni di questi. Per esorcizzarli, i loro personaggi sono destinati ad affrontarli, come chi mette volentieri la mano su una piastra calda, proprio come la protagonista di “Biografia”: “Fu la prima volta che pensai alla mia morte e la morte era proprio questo: ritrovarmi da sola in un passaggio dove il sole non batte mai e dove nessuno viene a cercarti”. Gli eufemismi e le metafore non bastano. Nei racconti della scrittrice ecuadoriana tutto è crepacuore ed è enunciato dalle ferite più purulente. Si soffre con i personaggi. Si impara anche a sopportare il senso di disgusto, ma soprattutto si arriva ai circoli più profondi della violenza, dove la nostra immaginazione potrebbe non essere riuscita a scendere da sola, come in “Sorellina”:

“Com’è facile che una candela consumi tutto ciò che tocca con la sua linguetta vorace. Come si accendono bene le stoffe, la plastica, le scarpe bicolori della scuola, i capelli chiari e lunghi di mia cugina. Il fuoco mangia la carne e non la vomita”.

Il dolore deve essere chiamato con il suo nome, deve essere invocato con la stessa intensità. Ecco perché questo libro fa male fino al midollo: non solo diventiamo vittime, ma, di tanto in tanto, riconosciamo anche il nostro volto negli stessi carnefici. Il valore di queste storie non è solo negli aneddoti, ma nell’effetto che producono dentro di noi: ansia, disperazione, voglia di buttare via tutto e scappare, fuggire via da ciò che siamo o da ciò che siamo stati.
Il mostro in Sacrifici umani ha molte facce ed è ovunque. Ci scuote, ci fa tremare non solo per la portata della sua crudeltà (spesso cosparsa di viscere, sangue o vuoto), ma anche per la possibilità di trovarla dove meno ce l’aspettavamo:

“Una donna che ha giurato di amare qualcuno davanti ai suoi amici e a dio non dovrebbe lavare le lenzuola insanguinate del letto matrimoniale, dopo che suo marito le ha rotto ogni orifizio. Una donna innamorata non dovrebbe disinfettarsi ferite intime. Una donna non dovrebbe piangere di paura ogni volta che il suo uomo viene a letto”.

Il terrore ricamato in queste undici storie è costruito in opposizione al familiare e rappresenta ciò che non possiamo più controllare e che finisce per mangiarci quotidianamente. Sebbene punteggiata da immagini nauseanti o grottesche, l’atmosfera inquietante va ben oltre il semplice impatto visivo. In Sacrifici umani, l’autrice ci spinge a esplorare le motivazioni dei protagonisti, rinchiudendoci nel vertiginoso labirinto dell’empatia. Solo dopo averlo attraversato potremo capire che il divario che ci separa dal mostruoso non è così grande come immaginiamo.

 

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