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Costellazioni familiari è una raccolta di tredici racconti scritta dall’autrice argentina Ana Llurba e pubblicata in Italia nel 2022 dalla casa editrice torinese Eris edizioni, nell’ottima traduzione di Francesca Bianchi, le cui scelte sono state in grado di conferire alla versione italiana di questo libro una grande qualità.
La raccolta è sapientemente costruita, in modo da condurre il lettore nel luogo più oscuro del mondo, la nostra mente, quando essa è persa in quei temporali strozzati da nuvole dense e violacee, che dall’alto si affacciano su cespugli di fiori secchi, fiumi melmosi, su un decadimento diffuso che contagia ogni cosa. È proprio lì, nel trionfo dell’anti-grazioso che ci trascina Ana Llurba con Costellazioni familiari, il cui titolo è ripreso dal racconto eponimo, narrante la quotidianità di una coppia annoiata, neogenitori di due gemelline dalle braccia paffute, protese verso una madre che sentiva, insieme al latte, la sua intera vita venir risucchiata, così come l’amore tra lei e suo marito. Sono seduti nel giardino della loro casa di campagna, sotto un cielo senza nuvole, dopo aver visto sfumare l’ennesima possibilità di una notte d’intimità. Una magra consolazione sarebbe potuto essere quel manto di stelle, che invece finisce per fare luce su una realtà in cui c’erano due persone di fronte alla totale perdita del controllo delle proprie vite, e a volte, quando i pensieri, le pulsioni, anche quelle più oscure, prendono il sopravvento, si cerca di ritrovare una direzione o l’illusione di avere un sentiero da seguire e la soluzione viene trovata solo nelle lusinghe di una setta carismatica.
ana llurba argentinaRoberto Bolaño in Chiamate telefoniche scriveva: “Aveva detto che l’unica cosa che le faceva più paura di un pazzo era uno che premeditatamente trascinava un altro verso la pazzia”. Parafrasando questa frase, ogni storia contenuta in queste pagine ha come suo centro una psicosi scatenata da qualcosa di esterno; è proprio da questo elemento che trovano origine i racconti di Ana Llurba, autrice vissuta tra l’Argentina e la Germania, dettaglio sottolineato non a caso, poiché probabilmente è ispirata allo studio condotto dal grande psicologo tedesco Bert Hellinger negli anni Ottanta, rivolto a quei modelli distruttivi di ansia, depressione e malattia che vengono incorporati da un soggetto, come segno di appartenenza alla propria famiglia, a un contesto, e da cui Hellinger ha sviluppato l’approccio terapeutico delle costellazioni familiari che ha creato, grazie alla sua penna straordinaria, i personaggi che ci accompagnano in questa raccolta, in cui vengono affrontati dei temi estremamente complessi, quali la prostituzione, alcool, droghe, aborti clandestini: i contesti più disparati, vissuti da protagonisti estremamente diversi, ma accomunati dal tentativo di intraprendere un percorso analogo, al cui centro c’è il tentativo di evadere da quello stato in cui si sentono costretti. In seno a ciò entrano in gioco le costellazioni familiari, che sono effettivamente delle sessioni, il cui obiettivo è quello di stabilire una connessione tra i membri che ne prendono parte, in modo tale che le persone presenti, generalmente sconosciute, incarnino le emozioni e i sentimenti provati da coloro che sono attorno alla persona analizzata, nella vita di tutti i giorni, in modo da poter individuare l’elemento perturbante e iniziare un percorso risolutivo.
Narrativamente parlando, sono tradotte nell’associarsi dei personaggi a sette o a singoli individui con cui possano dare sfogo a determinate pulsioni, altrimenti represse, dunque siamo di fronte a un rapporto in cui ci si cerca di curare a vicenda; questo rapporto si sposta su un altro piano, rispetto alla lettura: l’obiettivo dell’autrice è che questa connessione si stabilisca anche tra il protagonista e il lettore. Per questo, ogni dettaglio contenuto in questa raccolta è netto, definito e carico di senso e ci conduce a individuare l’effettiva protagonista di Costellazioni familiari: la parola. È quest’ultima a creare la sostanza alla base di ogni narrazione e l’uso che l’autrice ne fa è particolarmente efficace per descrivere psicosi e turbamenti che arrivano quasi a concretizzarsi, costringendo lo stesso lettore a incorporarle, dunque a immergersi in quelle parole, senza alcuna protezione, anche se, in fin dei conti, quella risoluzione non avviene, e il finale di ogni racconto resta aperto, sospeso, sollevando in questo senso la letteratura dalla sua funzione salvifica.
C’è una sola cosa che manca in questo libro, e sono i mezzi termini, a cui si somma la totale assenza di qualsiasi forma di romanticismo: ciò lascia spazio a una narrazione forte e densa, la cui intensità cammina di pari passo alla grande originalità che caratterizza ogni racconto di quella che è forse la raccolta più interessante letta quest’anno e forse l’unica che senza giri di parole è in grado di trascinare il lettore nel cuore della malattia.

Claudia Putzu

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