Newsletter

Search
Sommario

Il corpo è, in definitiva, l’unica cosa che abbiamo e che ci contiene.

Questa frase racchiude e comprime tutto il romanzo della scrittrice argentina Flor Canosa.

Polpa, portato in Italia da Neo edizioni, tradotto da Giovanni Barone, non è soltanto un romanzo distopico, che racconta una società di un futuro indefinito, ma illustra una deriva della condizione umana applicabile a qualsiasi società e che anzi riguarda direttamente proprio la nostra.

Diviso in tre parti, leggendo, scopriamo il mondo di Irma, di Lunes e di Enero, abitanti di un mondo governato dalla tecnologia che nega l’esistenza del dolore, della sofferenza e della malattia. Un mondo anestetizzato, dove il corpo delle persone appartiene al governo. Tutto, appartiene al governo, tranne la mente ed è in questo luogo inaccessibile che Irma e Lunes sviluppano la loro devastante rivoluzione personale. Immerso in un mondo che nega loro il dolore, essi lo cercano, Lunes per infliggerlo, Irma per riceverlo. Entrambi accolgono la possibilità della sofferenza, la osservano, la provano e la scompongono quasi, per esplorarne le infinite possibilità e allargare la propria coscienza.

L’arma più potente di cui un uomo dispone è il proprio corpo.

Esporlo al dolore, alla mortificazione, alla morte, lo espande fino a farne simbolo di qualcosa che disturba e affascina allo stesso tempo.

Ricordo gli esperimenti sociologici di Marina Abramovich, quelli ancor più estremi di Pavlenskij e Chris Burden.

In un mondo, come quello del romanzo e che spaventosamente assomiglia al nostro, così asettico e privato da metafisiche ideologiche e religiose, prosciugata anima e stupore, resta solo il corpo fisico come barricata e protesta.

E se Irma è il grande catalizzatore della sofferenza, un ruolo fondamentale lo recitano anche Enero e Lunes.

Senza svelare troppo della trama, possiamo però dire che il loro legame è estremamente profondo e perverso. Lunes ed Enero sono inizio e fine. Non casualmente uno si chiama Lunes (lunedì) e l’altro Enero (gennaio) indicando cioè un inizio più piccolo e uno più grande che si integrano, si appartengono e si contengono. Lunes e Enero sono l’inizio di un tempo ristretto e di un tempo largo, ma anche la fine di un percorso che si è esaurito.

La società in cui si muovono, che sembra una cupola geodetica, assediata dal mondo degli uomini-bestia, che vivono fuori dalle mura, che si cibano di animali arrostiti, che ancora sono capaci di dibattere e di combattere, è come una nave che affonda senza che i passeggeri se ne accorgano, è una Cancroregina sperduta nel vuoto.

Flor Canosa

Argentina, Flor Canosa si muove in un orizzonte letterario che trova, ancora oggi, in Borges e in Roberto Arlt i suoi riferimenti principali.

La sua scrittura, pur essendo colta e non priva di riferimenti alti, rimane vicinissima a I Sette Pazzi di Arlt e, poi, a quel capolavoro che è I lanciafiamme.

Non solo per le trovate distopiche, ma perché la sua prosa è immediata, agile e sempre molto precisa.

Flor Canosa è disturbante ma senza diventare sadica, come accadeva a Osvaldo Lamborghini.  Appartiene alla bellissima e luminosa schiera degli ammutinati letterari, di cui ancora fa parte quel genio di Gusmán, e tutti gli altri pazzi d’indomabile talento come Piglia, Libertella e Laiseca. Come Luppino e come Bellatin, come Polleri, Flor Canosa è figlia di questi e come loro ha scritto un libro che sembra appartenere a un mondo diverso e che solo assomiglia un poco al nostro, dove i corpi di carne possono essere una prigione o il tramonto dentro una tazza.

Pierangelo Consoli

Post correlati

Clara e confusa, Cynthia Rimsky

«Non è un caso che questa storia giunga alle vostre vite. Significa che siete pronti a capire che un fiocco di neve non cade mai

Una macchia che non va via

Traduzione di Claudia Putzu Editing di Flavia Fedele   Mi svegliai a pezzi. Andai comunque a lavorare per l’intera giornata, a casa della vecchia. Non

Silenzio

Traduzione di Claudia Putzu   Mi sveglio con la stessa pesantezza di ogni giorno. La voglia di restare immobile, di non aprire gli occhi, per

Geografia della lingua, Andrea Jeftanovic

Un corpo indica la fragilità del potere. Un corpo, quando è una potenziale arma, destabilizza i sistemi, un apparato politico. Un corpo si fa strada

Attualità

Afrodiscendenza

America Latina