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Che maledizione per questa povera bambina!Nascere così, bionda ma con pessimi capelli. Senza appartenere né a questo posto né a un altro.

Yun yun (granite contro il calore), p. 45

 

Yun yun (granite contro il calore) è una raccolta di racconti scritta dall’autrice dominicana Karlina Veras e pubblicata per la prima volta in Italia nel settembre 2020, dalla casa editrice salernitana Edizioni Arcoiris. All’interno della raccolta, vi sono trentanove racconti, con introduzione di Reynolds Andújar, scrittore dominicano, attualmente professore alla Governors State University di Chicago e succeduti dalla postfazione di Barbara Stizzoli, che dell’opera ne ha curato anche la traduzione, con cui è stata in grado di restituire perfettamente al pubblico italiano quell’unicità che Yun yun porta con sé.

karlinaKarlina Veras nasce a Santo Domingo, capitale della Repubblica Dominicana. La scrittura è una passione che l’accompagna da tutta la vita; sin da piccola si diletta nella stesura di testi brevi, di poesie e partecipa ai concorsi letterari della sua scuola. In un’intervista per “Ojalá” dice: «La letteratura, per me, è sempre stata una cosa naturale, talmente naturale che mai mi son detta “sarò una scrittrice”, perché per me già lo ero». E questa sua passione la seguirà, anche quando giovanissima lascerà la sua terra per trasferirsi a Londra a studiare musica. Nella multiculturale capitale inglese dà alle stampe Yun yun (granite contro il calore), una raccolta di racconti e microracconti, estremamente diversi l’uno dall’altro, caratterizzati da una splendida ritmica e che vedono come filo conduttore quel profondo e indissolubile legame tra lei e la sua terra lontana.

I testi che compongono questa raccolta dialogano direttamente con le radici dell’autrice; sono tanti quegli elementi all’interno della narrazione che rievocano la cultura dominicana – nonostante, come il lettore potrà notare e come ha fatto ben notare Stizzoli nella sua postfazione, Karlina Veras non nomini mai la sua terra natale – da un pastel en hoja, ai nomi dei quotidiani dominicani, passando per la musica, la birra Presidente, per la bachata (elemento culturale molto importante per la Repubblica Dominicana) ballata in riva al mare e per le rievocazioni degli spazi, che si tratti di una spiaggia, di un parcheggio sabbioso o di una casa sullo sfondo dell’isola caraibica. Il titolo stesso, Yun yun, riprende il nome delle granite, quelle servite dai venditori ambulanti che, con i loro carretti, si riversano lungo i bordi delle strade, “fra la 27 e la Churchill” (p. 128).

Tuttavia, il vero punto forte dei racconti contenuti in Yun yun non è tanto nelle immagini magistralmente rappresentate, quanto nell’uso che l’autrice fa della parola. Karlina Veras, che scrive da Londra, in questa raccolta visita il tema della diaspora, attraverso una scrittura ermetica, e affida alle parole il compito di veicolare il lettore verso quel significato più profondo che si cela dietro i suoi testi: fa dunque appello alla capacità di quest’ultimo di scavare a fondo, di “raschiare quel ghiaccio rinfrescante”, per confrontarsi con una malinconica realtà, quella vissuta da chi è stato costretto, per un motivo o l’altro a vivere quest’esperienza, a stare lontano da casa. In questo processo, si viene quasi a creare una dualità narrativa, che si esaurisce, da un lato, in un appassionato racconto della sua terra, di cui ne celebra la bellezza, al contempo ne rivela anche la sua desolazione; dall’altro, nel raccontare l’esperienza di una persona lontana da quella terra, che prova a farsi spazio in una nuova società, che non sempre è in grado di comprendere, e allo stesso tempo non sempre riesce a farsi comprendere da essa: è in tali circostanze che nasce la nostalgia, motore di quella malinconica poesia con cui rievoca le immagini del suo Paese.

Parallelamente, della diaspora ne dà un’altra lettura, che cercherò di spiegare, analizzando l’etimo di questa parola: è un termine che deriva dal διασπορά, e significa “dispersione”. La dispersione che vivono i personaggi di Yun yun è sia una dispersione fisica (che abbiamo già esplorato) sia mentale, quando con la loro immaginazione riescono a evadere e a trasportarsi in quella tanto anelata realtà, che si mostra agli occhi del lettore attraverso quei microracconti che fotografano momenti della quotidianità dominicana: in questo modo, la diaspora, a cui originalmente attribuiamo il significato di “andare via”, con Karlina Veras e le sue storie sembra quasi diventare un modo per tornare a casa.

Ci sono dei posti, dei profumi, dei sapori, che nella vita restano con noi per sempre, non importa quanto saremo lontani: è questo il sottotesto che accompagna tutta la lettura e alla base di quella capacità che ha questa raccolta di far sorridere e di far commuovere allo stesso tempo. Questo libricino, che non supera le centoquaranta pagine, si è rivelato una vera sorpresa. Karlina Veras crea una narrativa unica nel suo genere, in grado di trasportare il suo lettore in una dimensione in cui l’ironia è l’antidoto contro la tristezza, esattamente come le granite sono antidoto contro il caldo soffocante che si respira ai Caraibi.

Claudia Putzu

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