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Ne Il ritorno del figliol prodigo di André Gide, il padre chiede insistentemente «cosa ti ha fatto tornare?», e la risposta del figlio allude alla rassegnazione: «Non lo so. Forse pigrizia» Ma anche se il ritorno avviene per obbligo, pentimento o vanità, l’elemento che completa la possibilità del ritorno è la figura di colui che attende. In Papi della scrittrice dominicana Rita Indiana (NN Editore, traduzione di Vittoria Martinetto), quella che aspetta il ritorno è la figlia, perché quello che parte è il papà, un papà che acquista dimensioni colossali man mano che aumenta la sua distanza. Come dice la canzone “Ausencia” di Héctor Lavoe, nonostante la sua assenza, continua ad aspettarlo, e lo fa in un mondo che, secondo il romanzo, è diviso in tre aree: la strada, la casa e tutto il resto.

La strada

“Papi è come Jason, quello di Venerdì 13. O come Freddy Krueger: Papi arriva quando meno te lo aspetti”. Inizia così il romanzo, con la chiara intenzione di collegare il ritorno di Papi a un film dell’orrore. Ma al di là della paura, e del desiderio che la paura passi, ciò che abbonda sono i sospetti della figlia. Se papà deve ancora venire, come dicono tutti; se papà è dietro l’angolo, come dicono tutti, basta una sola immagine per capire la posizione della figlia: “Cerco di immaginarmi in che parte di dietro l’angolo si trovi Papi e com’è quest’angolo e cosa bisogna fare per svoltarlo”. Una prova di come l’assenza sia già una contingenza e non un’ipotesi futura.

Nella lunga relazione con Papi, che sia presente o sia già partito, si proiettano i molteplici volti di quella ragazza che racconta, che fantastica, che soffre. Oltre al papà, che occupa il centro della sua vita, c’è la mamma, una fedele compagna, e ci sono i nemici, i “mostri” della strada, che deve affrontare. Sono le amiche e le compagne di papà, ma anche gli altri figli di papà e gli altri ragazzi che vanno nello stesso locale o alla pista di skateboard, uno spazio in cui l’aspetto esteriore della ragazza è fonte di conflitto: «Sei una femmina o cosa?», chiedono maliziosamente. E le da fastidio perché niente le è indifferente, né la sua famiglia, né le famiglie di papà o il suo stesso corpo.

Casa

Due termini definiscono Papi: “Pappone #1” e “Master #1”, parole incise sui grembiuli che indossa Papi quando cucina la colazione o i barbecue. Questa condensazione di significati attraverso una semplice etichetta è solo un accenno all’interno del romanzo. Incontriamo Papi attraverso lo sguardo della figlia, ma in quell’approccio non ci sono descrizioni chiuse o statiche, quanto piuttosto un accumulo di attributi che finiscono per essere insondabili. “Papi ha molto più di tutto quel che ha il tuo”, ha molte cose, tutte in eccesso.

Nell’impero governato da Papi c’è una sovrabbondanza di denaro, donne, vestiti, automobili, armi, alcol, profumi, bambini, ecc. Dal punto di vista di una bambina di otto anni, papà possiede il mondo. L’immagine di ciò che è Papi e di tutto ciò che ha si attiva attraverso l’enumerazione e l’esagerazione, a un ritmo vertiginoso, nel miglior stile del merengue dominicano. Man mano che la lettura procede, Papi diventa sempre più potente, fino a toccare i limiti del soprannaturale.

Ma quel papà mafioso di cui la figlia è testimone appartiene alla memoria, perché la storia inizia quando Papi ha già lasciato Santo Domingo. Il romanzo racconta l’attesa del ritorno del papà, un tempo che si prolunga e in cui la figlia vive la trasformazione non solo dell’ambiente, ma del suo corpo e dei suoi desideri. In questo transito la manipolazione del racconto iperbolico è sempre presente, ma acquista dosi magistrali quando la figlia immagina il ritorno trionfale di papà, a cui partecipa tutta la città, una massa anonima che sarà poi legata a Papi a livelli insospettati: «E si organizzano, si schierano ai due lati del viale costeggiato da palme perché hanno avuto tutti la stessa idea di venirti incontro, e si sono preparati con cartelli, bandierine, insegne, striscioni che dicono UELCOME! UELCOME!  […] E adesso che si vede l’aereo atterrare le donne cadono in trance e schiumano dalla bocca».

Il continuo posticipo del ritorno di Papi percorre tutto il romanzo ed è il leitmotiv che ci permette di intravedere i sentimenti della figlia (in una lunga e dolorosa attesa), così come la presenza della mamma (sempre presente, fino alla fine).

Il resto: i misteri

rita .jpgDal capitolo nono in poi appare un elemento che altera la realtà: i misteri. All’interno del libro è un’entità legata ai medium, ma al fuori del testo, ci riporta direttamente al gruppo musicale di cui è leader la scrittrice dominicana, ossia Rita Indiana y Los Misterios. Così come consiglio di leggere Papi, suggerisco a chi non l’ha fatto di ascoltare le canzoni di questa band. Parlare di Rita Indiana e non conoscere la sua musica è come aver letto Papi e non aver fatto caso ai riferimenti musicali che popolano il romanzo, in particolare le grandi star del merengue dominicano, da Wilfrido Vargas e Fernandito Villalona a Belkis Concepción e Bonny Cepeda.

 

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