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La Tregua, Mario Benedetti

Sommario

Mario BenedettiLa Tregua di Mario Benedetti (Edizioni Nottetempo, nuova edizione 2023) è un’opera breve ma intensa che condensa un viaggio emotivo ed esistenziale in modo al contempo bello e doloroso. Benedetti è probabilmente uno degli scrittori uruguaiani più rilevanti del XX secolo e uno dei poeti che mantiene la sua rilevanza e freschezza ai nostri giorni, specie considerando che la scrittura di questo libro risale al 1959.

La Tregua è il diario personale di Martín Santomé, un vedovo di quasi cinquant’anni che si avvicina sempre più alla pensione e fantastica, con una certa paura, sull’arrivo del tempo libero, di vivere senza la preoccupazione del lavoro e ciò che questo significa, ma anche sull’inevitabile avanzare dell’età e del tempo sempre più evidente sul suo corpo. Abbiamo detto che è un vedovo, sì, ma ha anche tre figli con cui non ha un buon rapporto tranne che con Blanca. Questa vita si presenta come una vita di routine, di incontri, di riflessioni, in cui sembrerebbe persino essere una persona apparentemente grigia e legata a un patto con la routine. Questa esistenza viene sconvolta da piccole scariche elettriche fino a quando l’evidenza dell’amore diventa riconoscibile. Queste piccole scariche elettriche si manifestano in Laura Avellaneda, una giovane appena arrivata alla società dove lavora e dove lui è il suo superiore immediato. Entrambi iniziano una storia d’amore nel senso più profondo della parola, in cui sembrano essere felici. Tuttavia, la vita ci mette lo zampino. Quanto detto finora è solo un breve riassunto che non può abbracciare realmente ciò che il libro contiene, ci sono diversi temi, come il passare del tempo, la nostra relazione con il passato, con la morte, con i sogni che vengono lasciati alle spalle, con gli altri, i mali della società, l’amore…

Uno degli elementi che mi ha colpito è la veridicità dei personaggi, comprendiamo Martín, ci commuove, ci sembra tenero e onesto di fronte alla sua vita e alle sue ombre. Attraverso le pagine diventa un amico intimo con cui festeggiamo la sua felicità e ci commuoviamo per il suo dolore, che in fondo è un po’ il nostro, poiché gli elementi che sta tessendo configurano una melodia corale che si amplifica in noi. Come una molla possono emergere riflessioni nostre attivate da questo libro, poiché il suo taglio esistenziale e le grandi domande sulla vita ci colpiscono. È un’opera che potremmo rileggere all’infinito, non ha epica, ha la delicata realtà della vita quotidiana, non ci sono eroi né personaggi idealizzati.

Martín sembra contemplare la sua vita da una torre d’osservazione, sognando quel punto di svolta che sarebbe la pensione, anche se con un certo timore poiché: cosa farebbe con tanto tempo libero? Come affrontare il suo passato e ciò che voleva diventare? Come ricondurre il rapporto con i suoi figli? Questo si dissolve, in parte, con l’entrata in scena di Laura verso la quale pian piano inizia a sentire l’amore, un amore che è corrisposto e reciproco e che non solo li unisce sempre di più, ma ha effetti su di lui, sul modo in cui comincia a osservare il passato, sembra addirittura avvicinarsi ai suoi figli, soprattutto a due di loro; tutto sembra una congiura. Lui sembra tenero, di fronte a questo amore, capisce ancora meglio la relazione che aveva con la sua defunta moglie e i pezzi che componevano la loro storia. In tutte queste pagine si plana sul valore dei ricordi, il passare del tempo, l’insicurezza e soprattutto la felicità:

“Poi, all’improvviso, ho avuto coscienza che quel momento, quel frammento di quotidianità, era il grado massimo del benessere, la Felicità. Mai ero stato tanto pienamente felice come in quel momento, tuttavia avevo la dolorosa sensazione che mai più lo sarei stato, almeno con quella forza, con quell’intensità. L’apice è così, esattamente così. Come se non bastasse, sono certo che l’apice duri solo un secondo, un breve istante, la durata di un lampo, e non si ha diritto a proroghe”. Queste concezioni della felicità hanno anche una certa relazione con altre riflessioni, ma sollevano immediatamente la questione di come si deve vivere la vita, di come affrontare il giorno dopo giorno. Fino a che punto si abbandona l’idealismo per finire sommersi nella triste realtà? Che cosa implica la realtà? Rinunciare alla possibilità di una felicità estatica per una felicità pacata e serena? D’altra parte, anche nel libro appare in relazione alla questione dell’amore, che potrebbe non essere neanche quell’estasi ma qualcosa di più semplice e quotidiano: “Mi prendeva la mano e non serviva altro. Mi bastava per sentirmi ben accolto. Più che baciarla, più che dormire insieme, più che qualsiasi altra cosa, lei mi prendeva la mano, e questo era amore”. La vita passa, passa per Martín e per Laura, arrivano le certezze e la profonda felicità, e la cosa dolorosa non è il passare del tempo, ma proprio che il tempo smetta di passare. Allora le teorie sulla felicità cadono, e rimangono solo i ricordi e l’affrontare la realtà. Forse la felicità è solo una tregua, non una cima della montagna o una vasta collina, ma una tregua di fronte a qualcosa di più oscuro e doloroso.

La tregua è un libro che penetra raccontando una storia dolorosa, ma necessaria, non solo perché ben scritta, ma anche perché può dirci molto su noi stessi, facendoci guardare da un’altra prospettiva ciò che ci circonda e la fugacità degli istanti che compongono la vita.

Elba Mota

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