Quella di Vicente Huidobro è una delle figure più eccentriche e affascinanti dell’avanguardia poetica del Novecento, capace di fondere genialità, provocazione e un’instancabile ricerca di libertà creativa. Amava definirsi “poeta piccolo dio”, un’espressione che racchiude la sua visione radicale della poesia: autonoma dalla realtà esterna, capace di creare mondi nuovi e di vivere “per sé stessa”. Con questo spirito fondò il movimento creazionista, che lo rese un vero architetto dell’avanguardia letteraria, influenzando profondamente sia l’Europa sia l’America Latina.
Trasferitosi a Parigi nel 1916, fu vicino ad Apollinaire e Reverdy nella rivista Nord-Sud e partecipò attivamente al fermento culturale europeo, portando poi a Madrid le nuove correnti e contribuendo alla nascita dell’ultraismo. Non mancò di lanciare manifesti iconoclasti: già con Non serviam (1914) dichiarava la sua rottura con la tradizione poetica, simbolo della volontà di inventare un linguaggio completamente nuovo.
La sua vita fu costellata di episodi bizzarri e controversi, come il presunto sequestro di Parigi nel 1924, in realtà un’autosparizione orchestrata per attirare l’attenzione della stampa dopo l’uscita del pamphlet anti-imperialista Finis Britannia: tre giorni di mistero, biglietti alla moglie, polizia mobilitata e il ritorno del poeta con un pigiama in mano, un gesto che gli costò amicizie importanti, come quella di Juan Gris, ma che rivelò ancora una volta la sua natura da provocatore bohemien. Nemmeno i rapporti con Pablo Neruda furono distesi: tra i due grandi poeti cileni volarono scintille, con il futuro Nobel che lo soprannominava ironicamente “merluzzo”. Tornato in patria nel 1925, Huidobro non smise di esercitare un ruolo da influencer culturale a tutto tondo: fondò il quotidiano “Acción” con testi politici incendiari, fu proposto addirittura come candidato alla presidenza, organizzò tavole rotonde, promosse nuove correnti architettoniche e ispirò gruppi poetici come Mandrágora.
La sua estate eterna si consumò nella casa di Cartagena, oggi museo che custodisce manoscritti, oggetti personali e la stanza dove morì, con la tomba che guarda al mare e porta inciso un epitaffio poetico: “Abrid la tumba / Al fondo de esta tumba se ve el mar”.
La sua eredità non si è esaurita: nel 2020 Google lo celebrò con un Doodle globale per il 127° anniversario della nascita, ricordando la sua celebre frase “Que el verso sea como una llave que abra mil puertas”. Huidobro resta così il simbolo di un poeta che non si accontentava di scrivere versi, ma che trasformava la vita stessa in un atto di creazione, tra arte, scandali e visioni destinate a cambiare per sempre il volto della poesia.













