São Paulo, febbraio 2022 – Diego Battistessa
San Paolo, o meglio São Paulo in portoghese, è una città che si presenta fluida, aperta, libera, dove convivono enormi disuguaglianze ma anche estetiche ribelli che fondono passato e presente in un prisma luccicante. Una enorme urbe di oltre 12 milioni di persone, divisa in due dall’Avenida Paulista, frontiera economica e sociale che separa “o continente da o maralto”: facendo riferimento alla famosa serie Netflix made in Brazil “3%”, ambientata in un futuro dove un gruppo d’élite vive in un paradiso ultramarino lontano dai sobborghi affollati e dove solo il tre per cento dei “miserabili” ha la possibilità di accedere all’eden. Sobborghi affollati e dove mancano molti dei servizi di base, dove lo Stato non è presente, dove si razzializza la povertà e che in Brasile si chiamano favelas. Ne esistono anche a São Paulo ovviamente, come quella di Paraisópolis che conta 100.000 abitanti e che vista dall’alto è circondata dai grattacieli di uno dei quartieri più ricchi della città, quello di Morumbi. Delle Favelas brasiliane si è parlato molto ma forse il problema è proprio questo. Chi parla delle favelas non ci vive, le analizza in modo statistico, antropologico, giornalistico, freddo. In pochi casi è stato possibile ascoltare davvero le voci delle favelas, le voci che si autodeterminano e che tracciano i confini tra reale e stereotipo, tra romantizzazione e cruda realtà. Due esempi recenti sono la compianta Marielle Franco e la ballerina Tuany Nascimento (promotrice del progetto projetonapontadospes), ma proprio in questi giorni São Paulo sta rendendo omaggio a una delle più grandi voci delle favelas: quella di Carolina Maria de Jesus. Lo fa con una mostra gratuita ospitata dall’Instituto Moreira Salles, che si trova appunto nell’Avenida Paulista. La mostra “Carolina Maria de Jesus: un Brasile per brasiliani”, inaugurata il 25 settembre 2021 e tutt’ora aperta, presenta la vita, l’opera e l’eredità della scrittrice afrobrasiliana e mette in luce aspetti poco conosciuti della sua carriera.
Il prof. Arnaldo Cardoso, sociologo ed esperto in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali dell’università presbiteriana Mackenzie, scrive nel suo omaggio a questa iconica scrittrice pubblicato su GGN: “Carolina Maria de Jesus è nata nel 1915 a Sacramento nello stato di Minas Gerais ed è successivamente emigrata a San Paolo dove ha lavorato come domestica e raccoglitrice di carta e altri materiali riutilizzabili per la strada. A San Paolo, ha vissuto nella favela Canindé, sulla riva del Tietê, dove dopo alcuni tentativi falliti di pubblicizzare il suo lavoro di scrittrice, è stata scoperta dal giornalista Audálio Dantas che stava lavorando a un articolo sulle favelas. Quell’articolo è stato pubblicato sul giornale O cruzeiro il 10 giugno 1959…”.
Questo è il punto dove tutto inizia, dove Carolina, afrobrasiliana figlia della favela inizia a parlare al resto del Brasile (e del mondo) raccontando la sua vita , la sua quotidianità, la fame…
Cardoso racconta come “lo stesso giornalista, dopo aver appreso dei diari che Carolina scriveva, si impegnò a organizzarli e a farli pubblicare. Cosa che accadde nel 1960. L’opera prese il nome di Quarto de despejo e raccoglie appunti di Carolina, tra gli anni 1955 e 1959. Dalla sua pubblicazione sono state vendute più di 100.000 copie e tradotte in più di dieci lingue” (anche in italiano).
Come spiega Camila Bohem per Agência Brasil, la mostra è frutto di una ricerca durata quasi due anni, la selezione riunisce circa 300 articoli, tra fotografie, manoscritti, materiale per la stampa, video e altri documenti. Inoltre, sono presenti opere di circa 60 artisti che dialogano con la produzione di Carolina de Jesus (1914-1977).
Qui alcuni passaggi del testo Quarto de despejo di Carolina Maria de Jesus:
21 luglio 1955 – Quando sono tornata a casa erano le 22:30. Ho acceso la radio. Ho fatto una doccia. Ho scaldato il cibo. Ho letto un po’. Non so dormire senza leggere. Mi piace avere tra le mani un libro. Il libro è la migliore invenzione dell’uomo.
8 maggio 1958 – È necessario conoscere la fame per saperla descrivere.
10 maggio 1958 – Il Brasile ha bisogno di essere gestito da una persona che ha già provato la fame. La fame è una grande maestra. Chi soffre la fame impara a pensare agli altri e ai bambini.
13 maggio 1958 – Sono andata a chiedere del lardo alla signora Alice. Mi ha dato il lardo e il riso. Erano le 21 quando finalmente ho potuto mangiare. E così il 13 maggio 1958 (Giorno dell’abolizione della schiavitù) io ho combattuto contro l’attuale schiavitù = la fame!
Segue galleria fotografica della mostra.