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Febbre di carnevale, Yuliana Ortiz Ruano

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Yuliana Ortiz RuanoYuliana Ortiz Ruano è una scrittrice ecuadoriana nata a Limones, Esmeraldas. Ma è anche poetessa, e i suoi libri di poesie Sovoz (2016), Canciones desde el fin del mundo (2018) e Cuaderno del imposible retorno a Pangea (2021) ne sono la prova. Questi sembrerebbero semplici dati biografici, e lo sono, ma in realtà sono molto di più. Perché se vogliamo parlare di Febbre di carnevale — il romanzo con cui è giunta in Italia grazie a Edizioni Sur — è necessario riconoscere in esso una forte radice poetica. Si tratta di un’opera in cui il linguaggio musicale si impadronisce del territorio, al punto che, davanti al lettore, le parole ballano. Ballano, si muovono, saltano, si sdoppiano. È la storia di un villaggio che, come tutti i villaggi, soffre. Ma è la salsa, la gioia della salsa, ciò che li possiede e li fa godere. Vivere in modo che non sarebbe possibile senza il potere della musica.

Febbre di carnevale è un romanzo che vibra. Dove Ainhoa, una bambina che detesta sapere il nome delle cose, si appropria del linguaggio per condividere la vita dal suo punto di vista. Così, lei, che vive con la sua famiglia allargata composta da zie, nonni e genitori, elabora una propria cartografia del familiare. Da qui deriva che, capitolo dopo capitolo, sia lei a raccontare le sue avventure intorno a questi personaggi così vicini e così variopinti allo stesso tempo. C’è ad esempio la zia Rita, che essendo la più bella fra tutte non ha il permesso di uscire, motivo per cui si ingegna per farlo e porta Ainhoa con sé quando viene invitata dai suoi ammiratori; o la zia Antonia, che la fa leggere e l’aiuta con i suoi compiti perché è la più intelligente del gruppo. Tutte queste sono situazioni che, attraverso l’umorismo, a volte l’innocenza e a volte la nascente malizia di una bambina che sta smettendo di essere tale, creano uno spazio dove l’illusione è una parte importante del reale e il reale una parte importante dell’immaginario.

Yuliana Ortiz, con l’idea del carnevale, che è solo un pretesto per mostrarci l’immensa cultura “esmeraldeña”, riesce a configurare l’esistenza di un mondo che si regge da solo. O almeno il lettore, mentre legge il romanzo, crede che non esista nient’altro al di fuori del mondo narrato in questo romanzo, e questo avviene attraverso la voce di Ainhoa. Parliamo infatti di un io narrativo che, attraversato dalle forme libere del dialogo e del popolare, riesce a trasmetterci nelle sue pagine la testimonianza di un’epoca. Ainhoa è una bambina che sta crescendo negli anni ’90, ma che non vive un’infanzia del tutto “contemporanea”: preferisce giocare con le sue zie, cantare, ballare, godersi ciò che la circonda. Questo si fa presente nel capitolo in cui riceve la visita dei suoi cugini da Quito. Qui si evidenzia un’interessante contrapposizione: loro, dalla loro realtà della capitale, sono abituati a trascorrere il tempo in un modo diverso. Hanno giochi che Ainhoa non comprende, sono più audaci e forse condividono una percezione dell’infanzia più globale. Per questo ci sono due facce della stessa medaglia: Ainhoa li vede come bambini a cui tutto da fastidio, e loro la vedono come un mostro strano. La distanza, che in un viaggio in auto da Esmeraldas a Quito o viceversa sarebbe di poco più di 300 chilometri, diventa gigantesca, come se appartenessero a due universi opposti. “Dipingi il tuo villaggio, dipingerai il mondo”, diceva Tolstoj. E Ortiz Ruano, con la potenza del vernacolare e del carnevale, fa di Esmeraldas un mondo proprio.

Yuliana Ortiz Ruano ha scritto un primo romanzo vertiginoso, divertente e soprattutto musicale. Ha dimostrato, con una prosa coraggiosa, che la narrativa non è un genere estraneo a lei. Febbre di carnevale si presenta davanti a noi come un telescopio attraverso il quale possiamo osservare, con le sue sfumature, quel cosmo “esmeraldeño” che ha così tanto da dirci e da mostrarci. Una Esmeraldas che invita persino il più estraneo dei lettori a sorridere e, come direbbe Ainhoa, a ballare una buon salsa.

Martin Codero

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